martedì 9 febbraio 2010
Sunday morning.
i vetri appannati le concedevano quei due, diciamo cinque, ecco quei cinque secondi per sperare che fuori non fosse di nuovo arrivato il giorno, col primo treno del mattino puntale con le sue nuvole e i suoi semafori. ma che magari il mondo fosse bruciato durante la notte e lei potesse godersi il buio e spogliarsi per lui con beethoven intorno e l'inseparabile sua medusa nel caffè, senza zucchero. si sarebbe messa calzini bucati dimenticati tra le lenzuola da un amore o da suo padre, un amore comunque. calzini molto più grandi dei suoi piedi di tre numeri almeno, e avrebbe giocato a moscacieca con i mostri sotto il letto e preso il tè con gli scheletri che vivevano nell'armadio e avevano storie da raccontare. fingere di non avere che ossa l'avrebbe divertita oltremodo.
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